E tu resti in contemplazione
di una muta effigie divina
la dea dalle braccia-mutilate
(non è detto risponderà a tono)
Ti stanchi del freddo del tempio
vorresti un balsamo alla ferita;
e ti ritrovi a sognare con nostalgia
gl’incensi appassionati della chiesa infantile.
Mi superi in gratuità, graviti come una luna
nei pressi del salmo sacrificale;
non ti accorgi, angelo del mio silenzio,
che non c’è una scappatoia
a quel cielo muto, di codardia pieno
signore assoluto del tuo ossessivo diniego?
Non c’è modo di riattaccare le mani
a una donna che non vuole più toccare
Nulla, se non il tenero, innocente Vuoto.
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