squalificato

Se fosse tutto semplice
potrei tirarmi fuori
da quest’inganno fangoso
e scucchiare le mani
con lo stesso fragore
di un toro infuriato.

E invece no.

Se la politica d’una dichiarazione
non rendesse tutto vano,
vuoto quanto vuota e la misura dei tuoi occhi
probabile che volerei basso
causa ali di pipistrello stordito.

E invece nemmeno.

Un vincitore ha sempre la parola libertà
pronta sulla bocca
dal suo piedistallo in oro di denti altrui
sorride, coi lunghi canini da squalo;
che importa se non la sua pancia piena
a fronte dell’ingenua caduta
dell’ultimo angelo sporco.

niente

Di luci diverse
è la mia casa di ghiaccio,
in certi momenti arancio
e verde in certi altri.
C’è freddo
a volte caldo
e l’odore dei tuoi capelli puliti,
della tua pelle bianca e nuova.

Di suoni diversi
è fatto il tempo che sparge
sottili fili di miserabile realtà;
scrosci di laghi meccanici
venti di maestrali ore
e un qualche cosa di morbido,
un ozio speciale
fatto su misura, con tessuti di lino
e colori biotonici.

Un senso di marginale coscienza;
anche oggi si dorme poco
e si riposa a lungo.

Si dorme, oggi dormiamo
oggi, stai con me
a fare tutto il niente
che ancora ci resta d’avanzo.

sindromi

I fiocchi di neve
sono tutti uguali,

-no, per carità,
io sono diverso!-

Urla l’ultimo a cadere
appena prima che il sole
lo inumidisca d’indignazione.

I fiocchi di neve
sbraitano, scalciano
urtano le spalle dei passanti
e i piccioni gelati li scuotono
stolidamente grigi, chè
non capiscono quanto sia unico
quel fiocco di neve andato.

Ghirigori di pensieri
multipiano di macchine usate:
come sarà la mente d’una
nivea concrezione glaciale
in forme geometriche regolari?

Non così entusiasmante
come potrebbe sembrare.

Per fortuna, sono un fiocco
d’avena.
Mi mangerà una mucca
nei suoi quattro stomaci passerò
e infine, metanea e pacifica
volerò in cielo
a guardare la neve
sciogliersi.

cristallino

Se mi spieghi, posso capire
se mi seduci, posso cadere

in tutto questo il mare non si placa
e la mia aurora di navigata stella

non vibra, non cala.

Se mi induci, potrei volere
per un momento meno contraddittorio
delle monache che anneriscono la scena.

Hai scelto un brutto istante
per virilizzare sul nome che non ti ho detto:
per una volta, una sola
mi comprerò qualcosa di sensuale
e te ne farò dono.

Domani
lo riprendo
starai infine con un naso
e il palmo a fargli da cancello.

Tu non hai colpa
io non ho ragione;
scruto nei raggi di bicicletta,
è perso anche l’ultimo ormone
di salvezza eterna.

E piango per l’ultima volta
poco prima che la canzone finisca,
avrai tempo di prendermi le mani
e farne un deserto
zappettarmi la pelle
e accucciarti infine
nel mio cuore nero e vuoto.

ombre

NOWHERE di Dimitris Papaioannou

Nell’ombra del vento
nel bieco cortile
l’umido incenso
l’intero stormire
di foglie, di voglie
e l’unico restare;
la mia possessione
la tua possibilità
e il vago chiarore
d’un manto di male;
avevi quell’occhio spiritato
dell’ultima ora di luna
e vagavi come in preda
ai fumi di un alcolico bacio.

Però la stanchezza
è una lunga teoria di momenti
il piccolo vibrato
di un uccellino solo.

ai puntinisti compulsivi

Quando… la sua parola…
si inerpica su stili… compatti, i versi…
e mira ingentilendo… la nuova retorica…

mi piace molto ciò che leggo…
sei davvero un buon artista… incanti…
con queste parole… ne sono sicuro…
non ti preoccupare… evidentemente…

…ho finito la scorta di puntini-
-merda-

25

Ho trovato un modo poco originale,
sicuramente non condivisibile
di opporti al miracolo grigio
un nuovo lenticolare ricordo:
mi sono appesa al collo
magnificenze e lenti
che ingrandiscano tutto quello
che non riesco a dirmi.

E poi ti spiego con parole difficili
tutto ciò ch’è semplice
tutto ciò che divoro
con la massima caparbietà
con il minimo colore.

Perché il mondo è un posto crudele
e come quando eravamo piccoli
stringersi nello stesso letto
quando fuori i fiori di neve
frantumano le finestre,
è l’unico rimedio
alla malinconia.

(Ho trovato il modo di farmi sorridere,
ho trovato il modo di farti sorridere.)

ruscelli

Ho sognato che andava tutto male.
Non eri più un bosco
solo un bar di periferia, quelle colonie abbandonate
per scarsità di buonumore.
Eravamo in tanti, c’erano tartine in cartone
e tutti ridevano, sgomitavano, bevevano
cocktail e bevande di dubbio gusto.
Nella sala più in alto i tuoi amici
nascosti, gelificati
dimentichi di tutto quanto.

Io non potevo che fuggire
non c’era nulla che mi facesse sorridere
in quel posto squallido
né i muri grigi e giallocrema
né gl’interventisti dell’ultima ora.
Davvero, tutto troppo mondano
e appiccicato con pochissimo sputo
e molta ipocrisia.

Piuttosto, piuttosto nel bosco
ci vado da sola
mi siedo al torrente
e lo ascolto
parlarmi di te.

naufragio

G. Marcocci

La vita mi scaraventa
addosso agli scogli dei no;
c’è troppo vento
e fa freddo. Un gelo oscuro
mentre invano scavalco
tutte le onde immense
come orridi ghiacciati.
Mi stimo e ho misurato
tutta l’ampiezza del mio candore
ma qui non c’è verso:
sto andando
a gambero.

E allora mollo il remo
butto il salvataggio
e che il mare
faccia di me carne da pesci.
È già abbastanza sfinente
questo posto assurdo
e questo sogno ch’è vita
e vorrei fosse sogno.
È abbastanza troppo
affondare
è dolce

perdere gli arti
e stupirmene,
tagli e lesioni
come medaglie
di guerre in perdita.

Solo, che venga
l’oblio, prima possibile.

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